Burden del cargiver

A cura di Silvia Forni

 

Sai cos'è il Burden del cargiver?

Da qualche anno la LILT si è data l’obiettivo di dare spazio a tutti coloro che gravitano attorno alla malattia oncologica: pazienti, ex pazienti oncologici e cargivers.

Occultata nella sofferenza che spesso attanaglia le famiglie, c’è una realtà a cui spesso non viene data la giusta importanza e che, talvolta, non riceve la giusta attenzione.

Si tratta del cargiver famigliare, il “prestatore” di cure che, a differenza di quello professionale, non è scontato riceva un supporto adeguato per far fronte al compito della presa in carico del paziente oncologico. Coinvolto dalla sequela di amorevoli doveri necessari al benessere famigliare, il cargiver diventa un protagonista in secondo piano.

Tendenzialmente sono persone forti, tenaci e intenzionate a migliorare la quotidianità delle persone colte da tumore, ma le loro condizioni psicologiche non sono sufficientemente considerate (da loro stessi e dagli altri).

Con il termine Burden s’intende il carico fisico ed emotivo, un “peso”, che influisce negativamente e che si manifesta altrettanto negativamente sulla salute del cargiver, per la mancanza di supporti adeguati.

 

Si tratta fondamentalmente della tensione delle persone coinvolte, un livello di stress costantemente alto (per quanto non percepito), che prima o poi finisce per manifestarsi sia sul piano fisico sia su quello psicologico: disturbi del sonno, dell’attenzione, della concentrazione, facile irritabilità, problemi gastrici, mal di testa, dolori dovuti a manovre pesanti, e, tutta una serie di disfunzioni immunitarie e aumento dell’ansia.

Tutte queste problematiche che spesso derivano dal non avere tempo per curare sé stessi, l’assenza di spazi dedicati al proprio benessere psicofisico può essere deleterio, quando ansia e stress diventano parte della routine quotidiana.

Il Burden porta il cargiver a sviluppare o una forma di iper -coinvolgimento o al contrario un distacco emotivo per far fronte al carico emozionale e, a gravare sullo stato emotivo di queste persone, ci sono innumerevoli altri fattori:

·         sensi di colpa scatenati dal desiderio di pagare una persona per farlo assistere/ frustrazione per non avere le possibilità di farlo                assistere;

·         impossibilità di dedicarsi una vacanza dall’attività di assistenza;

·         sentimenti di incompetenza di fronte al cambiamento della situazione clinica e quindi nuovi sensi di colpa, etc.

Esperienze forti e di transizione in cui i protagonisti iniziano un viaggio insieme per riapprodare diversi e più legati di prima; mettendo in luce bellissimi sentimenti che mostrano legami umani di una certa misura: questi ritmi però, alla lunga,  possono portare a conseguenze da considerare.

Di seguito vi segnaliamo il metodo “Breathe” messo a punto dal Centro di Medicina Integrata dell’Università di San Francisco, che rappresenta una consegna di piccoli punti per affrontare il quotidiano:

 

• Breath: un respirare che è legato alla pratica meditativa della Mindfulness;

• Realistic goals: avere scopi realistici circa la situazione;

• Everyday events: cercare di trovare minuscoli eventi del quotidiano che abbiano

una qualche bellezza, per poi condividerla;

• Act of kindness: gesti gentili che possano creare angoli di sollievo;

• Turn it around: rivedere ciò che è negativo tentando di cogliere un aspetto di crescita;

• Honor strenghts: riconoscere il proprio valore e i propri meriti nella tempesta;

• End each day with gratitude: la gratitudine come sostegno.

 (Fonte www.humantrainer.com)

 

Pur rendendomi conto che il cargiver è fin troppo stanco e impegnato per arrivare a leggersi questo, è pur vero che lo studio di questo metodo è stato condotto su casi di sofferenza estrema, con la volontà di poter supportare coloro che adempiono ad un compito così importante e così faticoso. I risultati ottenuti sui cargivers che hanno adottato questo metodo all 'interno di uno studio in ambito clinico ha rivelato un notevole miglioramento di fronte allo stress e al carico emotivo.

Il cargiver è per forza in secondo piano, ma comunque una persona bisognosa che necessita un supporto particolare per portare avanti la sua missione.

 

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